-----BEGIN PGP SIGNED MESSAGE-----
Hash: SHA1
Il team del nostro attuale locale di ritrovo Pizzeria/Ristorante
Gambrinus va in ferie! Percio' i prossimi due giovedi' 22 e 29 luglio ci
cercheremo dei locali di ritrovo alternativi.
Questo giovedi' (22 luglio 2004) ci incontriamo dal cinese "Drago D'Oro"
in via della Roggia sempre a Bolzano:
http://www.lugbz.org/sections.php?op=viewarticle&artid=44
Il luogo d'incontro per il secondo giovedi' (29 luglio) verra' poi
deciso ad una ciotola di riso bianco!
Happy hacking!
Patrick
- --
Save software competition, use Free Software like GNU/Linux!
And visit http://www.lugbz.org the Linux User Group in South Tyrol
-----BEGIN PGP SIGNATURE-----
Version: GnuPG v1.2.4 (GNU/Linux)
Comment: Using GnuPG with Debian - http://enigmail.mozdev.org
iD8DBQFA+qSxLEmBxMM0hsARAgjdAKCK+kk23Ok7DRQr7oL99FjUUc9nzQCfdtb8
bt/nlZv7LatqdZFfvZMPgE8=
=aSdi
-----END PGP SIGNATURE-----
Hallo an alle,
gestern Abend haben wir unteranderem auch über Jabber gesprochen. Für
jene die dieses Protokoll nicht kennen, gibt es Infos unter
http://wwww.jabber.org
Vorab schon einmal hier ein paar Infos auf Englisch, copy and paste :-):
Jabber is a set of streaming XML protocols and technologies that enable
any two entities on the Internet to exchange messages, presence, and
other structured information in close to real time. The first Jabber
application is an instant messaging (IM) network that offers
functionality similar to legacy IM services such as AIM, ICQ, MSN, and
Yahoo. However, Jabber is more than just IM, and Jabber technologies
offer several key advantages
Unter dieser Adresse http://www.jabber.org/user/publicservers.php
findet ihr "öffentliche" Jabber-Server. Für uns wäre natürlich der
jabber.linux.it Server von Interesse, der glaube ich von
http://www.linux.it/ verwaltet wird. Ich habe dort jedenfalls einen
Account (dolle(a)jabber.linux.it).
Oder aber, der LUGBZ könnte auch seinen eigenen Jabber-Server
einrichten.
So das wars inzwischen schon einmal, vielleicht liest man sich ja
jetzt auch auf jabber.
Tschüß
Robert
--
Who always makes, what he can do already,
remains always what he is already.
http://www.dollinger.it
Hallo!
DiesesModul ist bei mir Modular eingebunden, ebenso wie das Modul
Video4Linux selbst. Bei dir mit "Y"???
Mein Problem hierbei ist auch, dass es unter /dev wirklich weder ein "v4l"
noch ein "video" oder ähnliches gibt.
mfG
Hannes
>From: Michael Zanett <michael_zanetti(a)gmx.net>
>Reply-To: lugbz-list(a)lugbz.org
>To: lugbz-list(a)lugbz.org
>Subject: Re: [Lugbz-list] HAUPPAUGE
>Date: Fri, 09 Jul 2004 21:24:52 +0200
>
>Meine Hauppauge-karte läuft ohne probleme. Ich habe nur das Kernelmodul
>"BT848 Video For Linux" eingebunden und alles hat funktioniert...
>
>Hannes Tribus wrote:
>
>>Hallo,
>>
>>hat jemand eine TV-karte von Haupauge laufen???
>>Ich bekomme folgende Fehlermeldung:
>>This is xawtv-3.91, running on Linux/i686 (2.6.3-7mdk)
>>can't open /dev/v4l/video0: No such file or directory
>>v4l-conf had some trouble, trying to continue anyway
>>v4l2: open /dev/v4l/video0: No such file or directory
>>v4l2: open /dev/v4l/video0: No such file or directory
>>v4l: open /dev/v4l/video0: No such file or directory
>>no video grabber device available
>>
>>Was muss ich installieren, dass er V4L kennt?
>>
>>_________________________________________________________________
>>Fotos - MSN Fotos das virtuelle Fotoalbum. Allen Freunden zeigen oder
>>einfach ausdrucken: http://www.msn.de/antispam/prevention/junkmailfilter
>>Schluß mit Spam - MSN hilft Ihnen hier weiter.
>>
>>_______________________________________________
>>http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
>>LUGBZ is pcn.it-powered
>>
>>
>
>_______________________________________________
>http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
>LUGBZ is pcn.it-powered
_________________________________________________________________
Schützen Sie Ihren Posteingang vor unerwünschten E-Mails.
http://www.msn.de/antispam/prevention/junkmailfilter Schluß mit Spam - MSN
hilft Ihnen hier weiter.
Sulla lista discussioni dell'As.So.Li. è stata postata dal segreterio
del sen. Cortiana questa lettera. E' molto interessante per la quantità
di cazzate che si possono leggere all'interno. Buon divertimento :-))
Il mar, 2004-07-13 alle 18:49, m.zammataro(a)senato.it ha scritto:
> Vi invio, percha' credo di interesse, la lettera che Microsoft ha
> inviato al sen. Cortiana, in relazione al DDL 1188.
> il DDL e' volto al pluralismo informatico nella PA e all'uso di
> software libero.
> Si crea ora la possibilita' di una discussione che consenta di trovare
> un punto di equilibrio che permetta di approvare la legge entro la
> fine della legislatura.
> Ciao
> Maurizio Zammataro
>
>
> Ill.mo Sen.
> Fiorello Cortiana
> Senato della Repubblica
> Palazzo Madama
> 00186 Roma
>
> Roma, 13
> luglio 2004
>
>
>
>
> Egregio Senatore Cortiana,
>
> Le scrivo in merito ad una questione che negli ultimi anni è
> stata sempre più oggetto di un acceso dibattito nell’ambito del
> settore informatico e da parte del legislatore, sia in Italia che
> all’estero, e che ritengo meriti di essere approfondita. Il tema
> riguarda il concetto di pluralismo informatico nell’ambito della
> Pubblica Amministrazione e l’esigenza di assicurare l’interoperabilità
> fra diversi sistemi. Dibattito che Lei ha promosso con successo grazie
> alla proposta di legge (S1188) e sulla quale si sono espressi il
> Ministro dell’Innovazione Tecnologica e la Commissione Affari
> Costituzionali del Senato, ricordando l’importanza del principio di
> neutralità e imparzialità come criterio da seguire nell’acquisto da
> parte della Pubblica Amministrazione dei sistemi informatici.
>
> Come Lei ricorda, Microsoft ha assunto sin dall’inizio una
> posizione trasparente e responsabile sul tema, sottolineando
> l’importanza di promuovere in primis l’interoperabilità e mantenendo
> al tempo stesso il principio di neutralità e di libera scelta nelle
> decisioni d’acquisto di beni e servizi nella Pubblica Amministrazione,
> così da evitare il rischio di discriminare singoli fornitori o
> categorie di fornitori. In particolare, mi riferisco al tema dell’Open
> Source e, più in generale, a quello delle pari condizioni ed
> opportunità di mercato grazie alle quali ciascun cliente deve poter
> scegliere in base alle proprie necessità e ad un’attenta valutazione
> di costi e benefici, senza condizionamenti di carattere normativo.
>
> Microsoft guarda all’Open Source con estrema attenzione
> dimostrando di aver ben compreso ed accolto positivamente le ragioni
> che sono alla sua origine. In particolare, l’aspetto di collaborazione
> con comunità che condividono interessi analoghi sulla base della
> condivisione del codice sorgente che è un elemento importante dello
> sviluppo informatico. In effetti, Microsoft ha imparato molto da
> queste esperienze e si è recentemente impegnata lanciando i suoi
> programmi di Shares Source, con i quali dà visibilità del sorgente
> delle piattaforme di sistema operativo a università, governi,
> costruttori di sistemi, partner. A tutto ciò si aggiungono programmi
> più recenti di libero accesso al codice sorgente di componenti
> importanti del proprio ambiente si sviluppo, due dei quali sono stati
> rilasciati con licenza di tipo Public, e pubblicati su
> sourceforge.org. Questi fatti testimoniano la volontà di Microsoft di
> incoraggiare modelli aperti di collaborazione tra le comunità degli
> sviluppatori, come dimostra anche la presenza di oltre 6000 workgroup
> presenti su www.gotdotnet.org. Analogamente, gli schemi documentali in
> formato XML generati dai pacchetti di produttività di Office System
> 2003, che sono stati resi pubblici nell’ambito del nostro programma
> Office XML Schema Licensing, riflettono la volontà di Microsoft di
> incrementare la trasparenza e l’interoperabilità fra i vari ed
> eterogenei sistemi e soluzioni informatiche presenti sul mercato.
>
> Grazie alla Sua iniziativa legislativa, ci troviamo di fronte
> alla grande opportunità di ampliare la discussione ed estendere
> l’ambito di lavoro all’intero settore dell’Information Technology per
> muovere verso soluzioni concrete ed utili sia per il settore pubblico
> che per gli stessi consumatori.
>
> A nostro parere, il tema centrale è quello di una sempre crescente
> interoperabilità tra i diversi sistemi hardware e software.
> L’interoperabilità, per essere realmente tale, deve prescindere da un
> particolare modello di sviluppo – sia esso commerciale o open source -
> e dalle specifiche tecnologiche delle piattaforme e dei sistemi che
> intendono dialogare reciprocamente e interscambiare informazioni. Solo
> una diffusa interoperabilità, infatti, abilita i consumatori ad
> accedere ed usare un crescente numero di prodotti e servizi per mezzo
> di un sempre più alto numero di dispositivi e tecnologie; è grazie ad
> una più diffusa interoperabilità tra tecnologie diverse che l’utente
> finale può guadagnare discrezionalità e flessibilità nelle scelte
> riguardanti l’informatica.
>
> Come Lei sa, negli ultimi anni gli investimenti di molte
> aziende in Information Technology sono cresciuti in modo consistente;
> e, man mano che l’industria ha abbandonato il modello di sviluppo
> verticale – nel quale lo stesso produttore forniva l’hardware, il
> software e i servizi – per spostarsi verso un più ampio insieme di
> aziende fornitrici in ognuno di questi segmenti, gli utenti hanno
> finalmente iniziato a trarre vantaggio dai benefici della concorrenza
> fra aziende produttrici di software o di hardware, ognuna alla ricerca
> di un modo per differenziarsi dalle altre.
>
> In un contesto così dinamico, le aziende IT hanno un forte
> incentivo di business ad assicurare che i loro prodotti interoperino
> con altri. Un modo comune col quale le aziende IT promuovono tale
> interoperabilità è rendendo note su base volontaria informazioni
> tecniche chiave, come interfacce applicative di programmazione (APIs)
> e protocolli, così che altri vendor possano utilizzare queste
> informazioni nel progettare prodotti e servizi interoperanti.
>
> Particolare rilevanza inoltre riveste l’interoperabilità per i
> Governi; questi, infatti, hanno molteplici responsabilità:
> - devono garantire che le proprie Amministrazioni possano
> cooperare sulla base di una infrastruttura di servizi evoluta,
> (obiettivo di molti progetti di e-Government);
> - devono dare garanzia al cittadino che ciò avvenga senza
> ledere i suoi diritti di scelta, nel rispetto della sua sicurezza e
> privacy;
> - devono dare spazio all’innovazione, assicurando un mercato
> florido e competitivo secondo regole chiare e trasparenti;
> - devono consentire l’accesso alla conoscenza e lo sviluppo di
> competenze da immettere sul mercato del lavoro.
> - devono favorire una politica di riuso, per l’attuazione della
> quale il fattore interoperabilità rappresenta il presupposto
> imprescindibile;
> - devono permettere ad ogni cittadino una partecipazione più
> attiva alla vita politica del paese (e-democracy).
>
> E’ interesse dei Governi che il processo che porta
> all’interoperabilità avvenga secondo principi di trasparenza e di
> pluralismo.
>
> L’interoperabilità è una delle componenti di base del
> pluralismo informatico e un modo per giungere a questo è mantenere
> un’alta focalizazzione sugli aspetti tecnici che soddisfano i bisogni
> in costante evoluzione dei Governi e su come questi bisogni possano
> essere soddisfatti attraverso un uso flessibile di standard aperti.
>
> Con questo termine vogliamo indicare la definizione di specifiche
> tecniche che portino a dei risultati implementabili indipendentemente
> da specifiche tecnologie e piattaforme o da specifici modelli di
> sviluppo, specifiche tecniche generate da un processo diffuso e
> consensuale tale da produrre una larga accettazione da parte del
> mercato e delle comunità tecniche e scientifiche.
>
> L’indipendenza da piattaforme tecnologiche e modelli di sviluppo rende
> uno standard aperto realizzabile sia all’interno di prodotti
> commerciali che a codice sorgente aperto, dando quindi la massima
> garanzia all’utente finale di poter effettuare una libera scelta
> secondo i propri criteri di preferenza. Da questo punto di vista Open
> Standard non si identifica con un modello di sviluppo e in particolare
> non si identifica con il modello di sviluppo Open Source, ma ne è al
> di sopra.
>
> Ad oggi esiste purtroppo una diffusa confusione su questo
> tema: un prodotto Open Source viene automaticamente identificato come
> Open Standard. Riteniamo, sostenuti in questo da esperti del settore,
> che non esista alcuna correlazione tra il modello di sviluppo e di
> licensing di un software e l’implementazione in esso di standard di
> interoperabilità. Essi sono completamente separati e distinti.
>
> Ci riferiamo ad esempio, agli standard aperti per i contenuti Internet
> codificati in HTML, XML - e formati relativi - che hanno prodotto un
> nuovo e più elevato livello di interoperabilità fra dispositivi
> hardware, sistemi operativi e applicazioni diverse. Analogamente, il
> servizio di messaggi brevi (SMS) per telefoni mobili e simili
> dispositivi wireless hanno raggiunto alti livelli di interoperabilità
> poiché il formato standardizzato per i dati SMS consente che tali dati
> siano trasportati da molteplici piattaforme concorrenti su terminali
> GSM e 3G.
>
> Standard documentali basati su XML permettono inoltre, attraverso la
> creazione di schemi, di velocizzare e strutturare in modo sicuro i
> processi di interscambio di dati tra applicazioni diverse di enti
> diversi, ponendo le premesse per una possibile eliminazione della
> carta e riducendo sensibilmente i costi e il rischio di errori in
> numerosi processi di e-government e di business.
>
> L’importanza dell’adozione di formati standard aperti è testimoniata
> anche dalle attività svolte dalla Commissione europea, in ambito IDA
> (Interchange of Data between Administration), che nel documento
> “European Interoperability Framework for pan-European eGovernment
> Services” raccomanda lo sviluppo di semantiche comuni sulla base dello
> standard XML e auspica collaborazioni con gli enti di
> standardizzazione; in particolare, i vocabolari XML dovrebbero essere
> sviluppati tenendo conto degli elementi base specifici per
> l’eGovernment.
>
> Questa impostazione è la sola che, a nostro parere, è in grado
> di permettere alle imprese o ai singoli sviluppatori di porre la
> questione dell’interoperabilità nel giusto contesto, ovvero come
> obiettivo chiave dei sistemi informatici, degli enti incaricati degli
> acquisti pubblici e dei consumatori. Da questo punto di partenza, le
> decisioni relative agli acquisti dovranno quindi essere basate su
> considerazioni oggettive centrate su fattori oggettivi come il
> rapporto costi benefici e la domanda dei consumatori.
>
> Saremmo quindi lieti di poter riprendere con Lei la
> discussione sul tema affinché accogliesse questa analisi come un
> motivo di stimolo per condividere il tema con l’intera industria.
> Riteniamo, infatti, che sia solo dal confronto che si possano trovare
> soluzioni idonee o raggiungere significativi traguardi.
>
> Ci auguriamo quindi che, così com’è avvenuto di recente, in occasione
> della legge di conversione del decreto legge Urbani, in cui l’intero
> settore dell’Information Technology ha espresso il proprio supporto al
> di là delle singole scelte tecnologiche, si possa lavorare insieme con
> spirito costruttivo.
>
>
> Cordiali saluti,
>
>
>
> Pier Luigi Dal Pino
> Responsabile Rapporti Istituzionali
> Microsoft Sud Europa
>
>
> ______________________________________________________________________
> _______________________________________________
> Discussioni mailing list
> Discussioni(a)softwarelibero.it
> http://lists.softwarelibero.it/mailman/listinfo/discussioni
> Totale iscritti: maggiore di 300
--
Antonio Russo
antonio(a)antonio.homelinux.org
http://antonio.homelinux.org
Powered by Debian GNU/Linux
Hallo,
ich habe gerade mit Mozilla 1.6 und Firefox 0.9.2 unter WinXP
probiert und das einzige was ich kriege ist eine weisse Seite.
Frage: Wie soll dass dann unter Linux laufen???
Einmal lief es bei mir mittels Crossover Office unter Fedora Core 1,
mit Iexploder.
Hier noch eine Antwort die ich am 17. Mai 2004 von der Raiffeisenkasse bekommen
habe, leider auch ohne Datum!!!
------------------------------------------------------------------------------
Guten Morgen Herr Hofer,
leider ist es derzeit nicht möglich, unser I-Banking unter Linux zu betreiben.
Wir sind bestrebt auch für dieses Betriebssystem eine Lösung zu finden.
------------------------------------------------------------------------------
Konrad Hofer
> -----Original Message-----
> From: lugbz-list-admin(a)lugbz.org
> [mailto:lugbz-list-admin@lugbz.org] On Behalf Of Markus G
> Sent: Mittwoch, 14. Juli 2004 16:39
> To: lugbz-list(a)lugbz.org
> Subject: Re: [Lugbz-list] Raiffeisen I-Banking unter Linux?
>
> Ich habe bei meiner Filiale (Tscherms) nachgefragt, deren
> System soll unter Linux funktionieren.
> Allerdings soll es nicht mit safari (mac) funktionieren.
> _______________________________________________
> http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
> LUGBZ is pcn.it-powered
>
Ich habe eine Antwort erhalten...
[...]laut TLQ Quercia.. dies SW firma, gibt es im Internet Banking 2
proprietaere libraries die NUR unter win laufen.
[...]sie sind dabei etwas zu machen.
leider habe ich keine termine bis wann es laufen soll.
Hallo ich habe eine etwas obskure email von meinem Hoster bekommen.
Kann sich das bitte jemand mit Ahnung durchlesen?
Ich verstehe nicht so recht was die von mir wollen und ob ich darauf
eingehen kann.
Mit freundlichen Grüßen
Markus G.
Dank an Günther für das Weiterleiten des folgenden sehr interessanten
Artikels über Softwarepatente.
Happy hacking!
Patrick
DIE ZEIT
29/2004
Vorsicht, digitale Sperrzonen
In der EU bahnt sich zwischen Ministerrat und Parlament ein Streit um
die Patentierung von Software an. Microsoft und Co. dürfen auf eine neue
Profitquelle hoffen
Von Stefan Krempl
Sie verkaufen ausgefallene Teesorten oder T-Shirts mit Slogans gegen
George W. Bush ? Zigtausende von Ich-AG-Betreibern suchten in den
vergangenen zwei Jahren ihre Chance im Internet. Jetzt droht den
modernen Kleinkrämern allerhand Ungemach. Künftig müssen sie mit teuren
Lizenzgebühren rechnen, zahlbar an große High-Tech-Unternehmen. Das
jedenfalls sieht ein Vorschlag zur Patentierbarkeit von
Computerprogrammen vor, auf den sich die Wettbewerbsexperten des Rates
der Europäischen Union Mitte Mai geeinigt haben. Setzt er sich durch,
wird die neue Richtlinie zur gefährlichen Falle für die Minihändler im
Netz. Denn viele Standardkomponenten der Software, die gemeinhin bei der
Konstruktion der Web-Shops genutzt werden, sind bereits mit
Patentansprüchen belegt.
Insgesamt geht es um Besitzansprüche auf einem Markt, der allein in
Westeuropa ein Volumen von 63 Milliarden Euro hat. Betroffen sind
Programme aller Art. Beispielsweise der elektronische Einkaufswagen: Die
Rechte an dem simplen Verfahren, einzelne Waren im Web zunächst in einer
Liste zu sammeln und erst nach dem Rundgang im virtuellen Laden zu
bezahlen, hat sich der kalifornische Server-Spezialist Sun Microsystems
gesichert, nicht nur für seinen Heimatmarkt, sondern auch für Europa.
Sollte ein Web-Händler auf die nahe liegende Idee gekommen sein,
gekaufte Waren auch als Geschenke an Dritte zu liefern, befindet er sich
prinzipiell mit dem amerikanischen Netzgroßhändler Amazon im Clinch. Dem
gehört seit einem Jahr ein europäisches Patent auf diese Methode. Noch
weitere 18 dieser zweifelhaften Schutzansprüche hat der Förderverein für
eine freie informationelle Infrastruktur (FFII) ausgemacht, in dem viele
Software-Entwickler sowie mittelständische Programmierhäuser vertreten
sind. Sie reichen vom Link auf ein größeres Produktfoto bis zum Verkauf
von Gegenständen über ein Computernetz an sich.
Vor solchen breiten Ansprüchen auf die Rechte an digitale
Geschäftsmethoden und damit eng verbundener Software könnte sich kaum
ein Anwender retten. Im Herbst hatte das Europäische Parlament erst
einmal einen Riegel vor die Patente geschoben und in erster Lesung hohe
technische Anforderungen an ihre Erteilung gestellt. Doch dann nahm der
Ministerrat diese Beschränkungen größtenteils wieder zurück.
Die deutsche Bundesregierung spielte in dieser Diskussion eine
unrühmliche Rolle. So prangerte Elmar Hucko, Ministerialdirektor im
Justizministerium, zunächst zwar öffentlich die Tatsache an, dass
Patente verstärkt als Strategie zum »Niederknüppeln der Konkurrenz«
missbraucht würden. In der entscheidenden Abstimmung aber enthielt sich
Deutschland nicht wie angekündigt, sondern verhalf dem Papier nach
geringfügigen Änderungen zum Segen des EU-Gremiums. Nur die rein formale
Verabschiedung durch die Minister steht jetzt noch aus. Danach ist
wieder das EU-Parlament am Zug. Sollten die neu gewählten
EU-Volksvertreter bei ihrer Position bleiben, ist mit einem turbulenten
Vermittlungsverfahren zu rechnen.
Das Bizarre an diesem Streit: Bislang dürfte es in Europa eigentlich gar
keine Software-Patente geben. Computerprogramme sind nämlich gemäß dem
Europäischen Patentübereinkommen, das die Grundregeln für die Gewährung
des 20 Jahre gültigen Monopolschutzes auf Erfindungen festlegt,
überhaupt nicht patentierbar. Gleichwohl lässt die Klausel gewisse
Spielräume zu. So jedenfalls befindet das Europäische Patentamt in
München seit 20 Jahren und hat zahlreiche Software-Patente erteilt.
Insgesamt seien es rund 30000, schätzen die FFII-Aktivisten, die einige
von ihnen in einem »Gruselkabinett« im Web sammeln. Darunter ist auch
das Patent auf den »Fortschrittsbalken«, das dem Patentweltmeister IBM
erteilt wurde. Damit ist das gängige Verfahren geschützt, das einen
Computernutzer etwa beim Installieren eines Programms über den Stand der
Aktion aufklärt.
Neben IBM oder Sun sind es noch einige weitere Größen aus der
amerikanischen Industrie, die sich für Software-Patente in Europa stark
machen. Der größte unter ihnen ist Microsoft. In den USA gibt es schon
heute kaum noch Grenzen der Patentierbarkeit für Programme wie
Geschäftsmethoden. Bekanntestes Beispiel ist das »Ein-Klick-Patent«
Amazons, das den Check-out an der Online-Kasse ohne Umwege als
Innovation ausweist. Von dem »technischen Bezug« einer Erfindung, wie er
in Europa erforderlich ist, haben sich die USA längst verabschiedet.
Doch auch europäische Konzerne wie Nokia oder Siemens haben sich mit dem
Patentsystem amerikanischer Prägung arrangiert. Sie stärkten dem EU-Rat
für seine Richtlinie zur offiziellen Einführung von Software-Patenten
den Rücken.
Mit ihren Scharen von Patentanwälten haben die Konzerne schon viele
Schutzrechte gesammelt, um für Lizenzstreite gewappnet zu sein. Auf
diese Weise halten sie sich gegenseitig in Schach. Wer ganz auf Nummer
sicher gehen will, schließt Abkommen über den wechselseitigen Zugang zu
Patenten, wie es neuerdings auch Siemens und Microsoft praktizieren.
Angesichts dieser geballten industriellen Marktmacht wird es dem großen
Rest der europäischen Software-Wirtschaft angst und bange. Im Gegensatz
zu den USA ist der Markt hier von kleinen und mittelständischen
Betrieben geprägt. Die wären damit überfordert, ständig zu prüfen, ob
sie gegen irgendwelche Trivialpatente verstoßen. Auch die vielen
europäischen Programmierer, die Software rund um das frei verfügbare
Betriebssystem Linux entwickeln, fühlen sich bedroht.
Florian Müller, Unternehmensplaner beim Datenbankhersteller MySQL,
spricht für die Branche in Europa, wenn er sagt: »Wir sehen im
Urheberrecht den sinnvolleren Schutz.« Das Copyright sichert, dass
Programme nicht ohne weiteres geklont werden dürfen. Und es schützt die
so genannten materiellen Ausführungen einer Idee, nicht aber diese
selbst. Glaubt man den Gegnern, sollen die vom EU-Rat geplanten Regeln
jedoch genau das tun: Ideen rechtlich einfangen und damit weiteren
Innovationen den Garaus machen. Warum, fragen sie rhetorisch, patentiert
man künftig neben einer verbesserten Waschmaschinentechnik nicht gleich
das gesamte Verfahren, das da heißt: »Säubern schmutziger Kleidung«. Und
gerade Software-Patente seien so breit angelegt, dass jedes Programm von
Hunderten von Schutzansprüchen betroffen sei. Um überhaupt noch ihrer
Arbeit nachgehen zu können, müssten Software-Entwickler künftig fast
jeden Schritt von Patentanwälten prüfen lassen oder sich auf die Gnade
der Rechteinhaber verlassen.
»Der Gesetzesvorschlag zu den Software-Patenten läuft den Interessen der
zumeist mittelständischen Software-Unternehmen in Deutschland diametral
entgegen«, sagt auch Mario Ohoven, Präsident des Bundesverbandes
mittelständische Wirtschaft. Er befürchtet, dass Programmierideen »zu
einer Art geistiger Sperrzone« erklärt werden könnten. Wenn die EU das
Patentrecht auf Software ausweitet und somit die vom Europäischen
Patent-amt schon vergebenen Schutzrechte sanktioniert, würde das auch
manch größerem Unternehmen wie der Internet-Firma 1&1 zu schaffen
machen. »Heute selbstverständliche Dinge wie E-Mail oder nahezu jeden
anderen Dienst im Internet« sieht Achim Weiss, Entwicklungschef bei dem
Netz-Provider, »in ihrer jetzigen Verwendung behindert«. Die Branche
fürchtet, dass ihr Wachstumsmotor, die rasante Weiterentwicklung von
Netzen und Diensten, abgewürgt werde.
Seltsamerweise haben beide Lager das Schlagwort der Innovation auf
ihrem Banner. Doch noch sei kein ernst zu nehmender Ökonom für den
Patentschutz eingetreten oder habe ihn gar innovationsfördernd
beschrieben, fasst Bernd Lutterbeck, Professor für Informationsrecht an
der Technischen Universität Berlin, die wachsende Zahl der
wissenschaftlichen Studien zum Thema zusammen. Nicht nur für Software,
sondern auch bei der Biotechnologie warnen Forscher vor einer
»Überhitzung« des Patentsystems. Den Markt just durch immer mehr
staatliche Schutzrechte dynamisieren zu wollen sei ein logischer Fehler.
Selbst so mancher Befürworter von Software-Patenten in der Industrie
könnte sich letztlich selbst Steine in den Weg legen. Aktuelles Beispiel
ist jene neue Technik, die es möglich macht, via Internet zu
telefonieren. Sie verspricht lukrative Geschäftsfelder und
Kostensenkungen. Dieser Innovation gibt Professor Henning Schulzrinne
von der amerikanischen Columbia University allerdings keine Chance auf
Märkten, in denen Software-Patente eine gesetzliche Grundlage bekommen.
Firmen, die auf einem solchen verminten Gelände tätig werden wollten,
bliebe wenig anderes übrig, als zu warten, bis die Schutzrechte
ausgelaufen seien. Mit anderen Worten: Europa könnte sich schlicht
dadurch einen Wettbewerbsvorteil gegenüber den USA sichern, dass es die
Patentfalle vermeidet.
ZEIT online überprüft nicht die Korrektheit des Absenders.
Diese Mail wurde weder von Mitarbeitern des ZEIT-Verlages noch von
Kooperationspartnern der ZEIT verschickt. Bei Anregungen und Kritik
senden Sie bitte eine Mail an webmaster(a)zeit.de
Hallo an alle!
Ich hab mir jetzt ein Herz gefasst und mich eurer Mailing-list
hinzugefügt. Ich heisse Daniel, komme aus Meran, bin 17
Jahre alt und bentze GNU/Linux (ach wirklich?). Meine
Distribution ist gentoo ( www.gentoo.org ) und ich würde
jedem empfehlen, dies mal anzuschauen, da sie wirklich
super ist! Nun falls noch Fragen zu meiner Person sind,
mailt mir einfach. Übrigens, falls ihr das Modem Fastrate
USB 100 von Alice oder tin.it verwendet, meldet euch bitte
bei mir, da ich ein paar Tester brauche für das Installations-
tool, ein Perl-Programm.
Mit freundlichen Grüßen,
Daniel