Abbiamo riscontrato un problema tecnico: come far convivere due VM su una macchina. Su tutte le macchine c'è già quella di Oracle e deve rimanere, OpenOffice vuole quella di SUN, e questi due insieme non vanno d'accordo (Risultato del nostro testlabor). Allora abbiamo deciso di installare OpenOffice senza la java VM di Sun.
O qualcuno conosce una soluzione...
Erwin
-----Ursprüngliche Nachricht-----
Von: martin(a)emsis.it [mailto:martin@emsis.it]
Gesendet: giovedì 21 ottobre 2004 9.47
An: lugbz-list(a)lugbz.org
Betreff: Re: [Lugbz-list] quando la stagione arriva, i funghi crescono - le cose cambiano
Condivido le vostre perplessità ma non dobbiamo smettere di mettere in gioco il Software Libero e GNU/Linux in ogni momento, anche se partecipare al centro di competenza FS del CAN non sarà il massimo. Intanto dobbiamo aspettare che il test di openoffice.org prossegua e venga allargato ad altre ripartizioni (oltre la
9)
Io intanto mi sono autodichiarato tester di openoffice ;-)
La provincia deve però anche includere una java vm per
poter utilizzare anche il futuro database di openoffice 2
I colleghi che lavorano nelle varie ripartizioni non devono smettere di proporre Software Libero per le varie necessità.
La provincia ogni tanto incarica dei software house a
srcivere dei programmi
(esempi: lexbrowser, geobrowser, athena, protocollo...)
Se la provincia vuole sostenere il Software Libero dovrebbe richiedere che vengo forniti con GPL utilizzando ed adattando magari qualche programma gpl preesistente Così si possono usare degli standard liberi e risparmiare sui costi di produzuione.
Martin Senoner
(rip 38)
_______________________________________________
http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
LUGBZ is pcn.it-powered
Non e' esatto... quello che non funziona non e' linux+laptop+wireless, ma linux+laptop+wireless@unibz <mailto:linux+laptop+wireless@unibz> .
Il problema e' che i driver usati dall' I&CT sono propietari M$ e non consentono l' uso a linux, secondo voci che ho sentito in facolta'. Questa cosa sta dando problemi anche ad alcuni professori (che usano linux) e so che qualcuno ha aperto un ticket per chiedere spiegazioni su questo.
Appena so qualcosa di piu' ti faccio sapere.
Ciao,
Stefano
________________________________
Da: lugbz-list-admin(a)lugbz.org per conto di Andrea Girardello
Inviato: mer 20/10/2004 15.25
A: lugbz-list(a)lugbz.org
Oggetto: Re: [Lugbz-list] Wireless & avvio
Ancora ciao a tutti,
non riesco proprio a configurare questa benedetta wireless!!!
A lezione dei compagni di corso han detto che linux + laptop +
wireless formano un brutto trio, ma non posso credere che non vada,
soprattutto dopo aver trovato su internet riscontri positivi...
Ora, è vero che mi sembra alquanto difficile, però vorrei farla funzionare...
Sapreste come aiutarmi?
Nelle stesse pagine dove ho potuto trovare ricontri positivi non ho
però trovato un vero e proprio tutorial :(
Possibile sia "colpa" della Suse 9.1?
Consigliate di cambiare distro?
Considerato anche che sono su un portatile e soprattutto molto newbie
O_o (mi han consigliato per l'appunto la Suse)
Grazie di ogni aiuto,
Andrea
PS: ora sono collegato in wireless dall'uni di Bolzano, però con winxp
On Tue, 12 Oct 2004 20:12:03 +0200, Andrea Girardello
<andrea.girardello(a)gmail.com> wrote:
> Ho trovato questo:
>
> http://www-zeuthen.desy.de/~alorca/linuxonlaptop.html#wlan
>
> Devo provare :)
>
>
>
>
> On Tue, 12 Oct 2004 20:03:18 +0200, Chris Mair <list(a)1006.org> wrote:
> >
> > > Prova a chiedere a Dell perche` non mettono a disposizione dei driver
> > > Linux... Ricordati di menzionare che acquisteria da un altra marca
> > > la prossima volta se ti danno una risposta che non ti sodisfa.
> >
> > Intendevo dire: driver Linux per *portatili*...
> >
> >
> >
> > Bye, Chris.
> >
> > _______________________________________________
> > http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
> > LUGBZ is pcn.it-powered
> >
>
>
> --
> Andrea Girardello
>
--
Andrea Girardello
_______________________________________________
http://www.lugbz.org/mailman/listinfo/lugbz-list
LUGBZ is pcn.it-powered
In der heutigen FF is suf den Seiten 36-37 ein
ausführlicher Artikel über freie Software unter dem Titel
"Unabhängigkeit" erschienen. Es kommen einige
Gemeindebedienstete zu Wort. Ausserdem: Hugo Leiter
(Gemeindenverand), Toni Auer (als Unterstützer der Freien
Software Bewegung), die Redakteurin geht kurz auf die
Geschichte der FSF und von Linux ein. Dann wird die
Sekretärin einer Anwaltskanzlei zitiert, die ihr Abreit mit
openoffice.org erledigt (angeleitet von H. Leiter)
Es wird auch Christoph Moar von Alpin.it
(http://www.alpin.it) interviewt.
Ich kenne dieses Unternehmen nicht, wir sollten aber
prüßfen, ob man sie für einen konsequenten Einsatz von
Freier Software gewinnen kann!
mit freundlichen Grüßen
Martin Senoner
http://www.emsis.it/
Ciao a tutti,
avrei due domandine da farvi, ma prima di tutto vi dico la mia
configurazione: laptop Dell 8600 che monta Suse9.1
1) come posso far in modo che all'avvio parta un demone che voglio io?
Ho la mail di libero, ho scaricato liberopops, ma ad ogni avvio devo
aprire la console, diventare root e lanciare "liberopopsd"... :(
2) Sul portatile ho la scheda di rete "Dell TrueMobile 1300 Adapter
Rev 4.5", chipset "BCM4306 / BCM2050" e non riesco (o meglio non so
porpio) come farla funzionare sotto linux...
Mi servirebbe dato che all'università sfruttiamo molto la rete wireless :)
Voi riuscireste a dirmi come fare? Ho cercato su google e dicono dia
proprio problemi...
Sono proprio alle prime armi, ma vorrei imparare molto ^_^
Grazie dell'aiuto!
--
Andrea Girardello
inoltro questa segnalazione che sicuramente interessa
anton
----- Original Message -----
From: "Giuseppe De Cesare" <giuseppe(a)decesare.info>
una segnalazione: da il manifesto di oggi 15 ottobre 2004
....
------------------------------------------
CODICI APERTI
Una libertà da saccheggiare
Flessibilità, mancanza di gerarchia, lavoro di gruppo sono le
caratteristiche del software libero che calamitano l'attenzione di
filosofi
ed economisti portandoli a indicare nell'«open source» il futuro della
produzione capitalistica. Con una cruciale contraddizione: far convivere
un'organizzazione del lavoro che rifiuta l'appropriazione privata della
conoscenza in regime di proprietà privata
La realtà del «software libero» che rivendica la condivisione, lo scambio
di
informazione e che contesta il regime dominante della proprietà
intellettuale è riuscita a diventare la diretta, e temuta, concorrente di
un
colosso come la Microsoft di Bill Gates. E persino a essere analizzato,
studiato e assunto come modello dall'industria informatica
BENEDETTO VECCHI
Come una vecchia talpa, l'open source continua a scavare e crea piccoli
smottamenti nella spietata contea della proprietà intellettuale. Potrebbe
essere questo il primo commento ad una risoluzione adottata dalla
fantasmatica organizzazione internazionale che fissa le linee guida sulla
legislazione attorno al diritto d'autore, i brevetti e la «protezione» del
logo. L'organismo si chiama Wipo (World intellectual property
organization)
e il documento approvato dichiara che è sua intenzione mettere all'ordine
del giorno uno studio sul software open source, sulle potenzialità
economiche derivanti dal rendere di pubblico dominio i risultati delle
ricerche del progetto di mappatura del genoma umana. Un'analisi che,
specifica bene il documento consultabile nel sito
www.wipo.int/documents/en/document/wo-gb-ga/doc/wo-ga-31-11.doc, deve
essere
comunque compatibile con le leggi e le normative vigenti sulla proprietà
intellettuale. La Wipo si impegna inoltre, anche se in un imprecisato
futuro, a proporre un «Trattato internazionale per l'accesso alla
conoscenza
e alla tecnologia». Un documento dunque che riconosce sì la forza di
diffusione del software libero, ma che ribadisce, allo stesso tempo, la
centralità delle leggi sulla proprietà intellettuale per quanto riguarda
lo
sviluppo economico. Ovvviamente soddisfatti di queste conclusioni i paesi
che hanno presentato la richiesta di una discussione attorno a questo tema
(Brasile, Argentina, ma poi si sono accodati molti altri paesi). Ma
trasmettevano soddisfazione anche i comunicati dei mediattivisti e delle
associazioni a favore dell'open source. Non tanto per il riconoscimento
ottenuto dal «nemico», quanto per l'iscrizione nell'agenda del Wipo di un
altro modo di ipotizzare lo sviluppo del software e l'accesso alla
conoscenza. Che poi questo si chiami open source o freesoftware è un'altra
faccenda, ma è un fattore indiscutibile che lo sviluppo di sistemi
operativi
e di programmi applicativi per computer non sottoposti al copyright è
diventato un fattore costitutivo del mercato informatico. Vuoi perché il
sistema operativo Linux compete direttamente con la Microsoft di Bill
Gates,
decretando così la fine di un ossificato monopolio, vuoi perché altre
major
dell'immateriale come Ibm lo hanno adottato, vuoi perché i colossi del
silicio come Intel mostrano sempre più interesse per la «filosofia» del
software libero: elementi che testimoniano come l'open source sia oramai
un'alternativa economica al software sottoposto alla proprietà
intellettuale.
Fedeli alla linea
Ne sono convinti due ricercatori italiani - l'economista Moreno Muffatto e
l'ingegnere informatico Matteo Faldani - che hanno condotto un'inchiesta
sull'organizzazione del lavoro nel software libero e che presentano nel
volume Open source (il Mulino, pp. 257, 22. Peccato però che il libro
sia
sottoposto a copyright). Nell'introduzione i due autori dichiarano
apertamente che si sono divertiti a studiare un argomento di cui avevano
sentito parlare molto ma che conoscevano poco. Il loro è un viaggio
all'interno di un mondo con i suoi codici e riti d'iniziazione che
rivendica
con orgoglio di essere l'unico vero erede dello spirito originario della
cosiddetta «rivoluzione informatica». E con puntigliosità, infatti, sono
elencate le date simbolo della diffusione di massa del personal computer
al
fine di dimostrare che ogni tappa di questa «rivoluzione» è stata
contraddistinta dallo sviluppo di un particolare programma informatico non
sottoposto al diritto d'autore.
Gli autori concentrano però la loro attenzione su come funzioni il
coordinamento di un progetto abbastanza complesso come è lo sviluppo di un
sistema operativo e del valore economico che può rappresentare
un'innovazione che si fonda sul rifiuto dell'appropriazione privata del
sapere tecnico-scientifico. Obiettivo, quest'ultimo, ambizioso, anche a
partire da una bruciante domanda che accompagna l'open source sin dagli
inizi: come può un'innovazione frutto di un rifiuto della proprietà
privata
restare «libera», cioè aperta a tutti, in un regime dominato dalla
proprietà
privata? Una risposta gli autori la forniscono, prefigurando un regime
misto
- proprietà intellettuale da una parte e software libero dall'altra - che
ha
nel mercato il giudice supremo.
Muffatto e Faldani si dilungano a lungo sulla cosiddetta etica hacker, che
ha orientato i comportamenti della comunità del software libero sin
dall'inizio. Un'attitudine abbastanza diffusa nel Web che consiste nella
condivisione di informazioni, conoscenze unita a un sentimento ostile
verso
qualsiasi appropriazione privata del sapere. Ed è grazie a questa «etica
hacker» che i programmi informatici free sono stati proiettati sulla
grande
arena del mercato mondiale. Per quanto riguarda l'organizzazione del
lavoro
va subito sottolineato che parte da una «libera partecipazione» al
progetto
e che si avvale di un decentramento decisionale difficilmente
rintracciabile
nelle imprese tradizionali. E visto che si parla di informatica non è
peregrino ricordare che è Internet il luogo dove viene decisa la
distribuzione del lavoro, si prendono le decisioni attraverso forum e
partecipazione alle mailing list dedicate a questo o quella parte del
«progetto». Momenti di discussione a cui prendono parte non solo i
programmatori, ma anche gli utenti. Per i due autori, l'organizzazione del
lavoro può dunque essere rappresentata come una rete coordinata da un team
leader , composto da personalità il cui ruolo è legittimato secondo
criteri
meritocratici (i virtuosi della programmazione) e di carisma (chi ha la
«visione» del risultato finale). Compito del team leader è anche di
garantire continuità e coesione interna dei suoi parteicipanti, attraverso
strategie comunicative definite di flaming e di shutting, cioè la spesso
feroce denigrazione e l'isolamento di chi non è «in linea».
Gli scettici o i cultori della gerarchia hanno, in passato, sostenuto che
un
progetto di sviluppo complesso di un sistema operativo sarebbe destinato a
un sicuro insuccesso se il contesto in cui si colloca è «esuberante»,
«caotico» e «rissoso». Eppure avviene il contrario: l'organizzazione del
lavoro può infatti essere immaginata come un enorme work in progress
dominato da una costante capacità autorganizzativa della «comunità dei
programmatori» che riduce i tempi di «lavorazione» e garantisce un'elevata
qualità del software libero. La riduzione del tempo di lavorazione è
dovuta
al prevalente sentimento ludico, che spinge i singoli a lavorare a ritmi
forsennati (joy hacking), mentre la qualità è espressione di un continuo
lavoro di supervisione e monitoraggio a cui partecipata tutta la «comunità
dei programmatori». In questa organizzazione del lavoro non c'è dunque
spazio per la gerarchia, considerata sinonimo di burocrazia e dunque un
fattore che inibisce la creatività dei singoli. Perdipiù, nel software
libero c'è una sensibile riduzione dei costi di produzione, perché non è
prevista nessuna rendita parassitaria costituita dal pagamento di
royalties
e copyright.
E' da alcuni anni che la produzione del software libero viene passata ai
raggi X per capire quali siano i suoi punti di forza. Alcuni studiosi -
l'olandese Geert Lovink nel libro in corso di traduzione per Apogeo Dark
fiber e gli italiani Marcella Berra e Angelo Raffaele Meo ne Informatica
solidale (Bollati Boringhieri) -, hanno fatto ricorso alla cosiddetta
logica
del dono («tutti prendono e tutti danno secondo le loro capacità»
all'interno di una cornice solidaristica); altri hanno individuato, come
lo
studioso finlandese Pekka Himanen, nell'Etica hacker (Feltrinelli) la
trasmigrazione in campo produttivo delle regole che dominano la ricerca
scientifica (il cosiddetto «comunismo dei ricercatori»). Un'attenzione
dovuta al fatto che l'innovazione è diventata un'indispensabile attività
di
routine nel processo capitalistico al fine di creare quel circolo virtuoso
che vede innovazione, concorrenza e nuova spinta all'innovazione, come
d'altronde argomenta con convinzione l'economista statunitense William
Baumoil ne La macchina dell'innovazione (Università Bocconi Editore). Ma
la
spiegazione, forse, risiede anche nell'attuale funzionamento della
produzione capitalistica, che non è più concentrata in luoghi specifici,
ma
è diffusa spazialmente su tutto il pianeta. Da qui la necessità di mettere
a
punto un'organizzazione produttiva che garantisca innovazione,
flessibilità
e qualità dei prodotti: il software libero è quindi preso spesso a modello
per rendere permanente, appunto, innovazione, flessibilità e qualità dei
prodotti. Infine, c'è chi, come i due autori, ipotizza che siamo di fronte
a
un cambiamento radicale della produzione di merci senza che questo
comporti
un superamento della proprietà privata.
La favola del mercato
Per Muffatto e Faldani, infatti, l'open source non è in contraddizione con
la proprietà privata e ne rappresenta il suo prossimo futuro. Il regime
misto risultante dalla coesistenza tra software libero e proprietà
intellettuale è, seguendo il loro ragionamento, la condizione necessaria
per
favorire appunto una continua innovazione tanto nei prodotti che nel
processo lavorativo. La mole di dati che forniscono sul successo economico
e
«politico» dell'open source testimonia infatti la superiorità di tale
regime
misto rispetto ad uno dominato dalle regole della proprietà intellettuale.
Ma c'è da dubitare che le sfide poste dall'open source si esauriscono in
questa lettura economicista del free software.
Certo, si può sempre affermare, come recentemente ha fatto Linus Torvald,
che l'open source può vivere accanto ai diritti proprietari rivendicati
dalle imprese, ma c'è da dubitare che diventi determinante un cambio di
prospettiva che è assente nel libro: il mercato non è un luogo neutro,
bensì
è un'arena dove sono determinanti i rapporti di potere tra imprese, tra
imprese e forza-lavoro, tra imprese e consumatori. I colpi bassi, la
violazione delle legislazioni antitrust e l'opera di lobby condotta da
Microsoft contro l'open source testimoniano infatti quanto la società di
Bill Gates lo percepisca come un suo nemico mortale da combattere senza
esclusione di colpi, lasciando così al regno delle favole la leggenda che
nel mercato vincono i migliori. Questo non significa negare il ruolo
economico svolto da alcune imprese open source, quanto piuttosto
individuare
in questa organizzazione del lavoro una rappresentazione della possibilità
da parte di una cooperazione sociale di autorganizzarsi. Il free software
è
infatti un esperimento riuscito di autorganizzazione sociale e come tale
va
valorizzato. La condivisione delle scelte, l'assenza di una gerarchia,
unita
alla capacità di coordinamento rappresentano infatti un modello
organizzativo per tutta la forza-lavoro. Ma dove c'è organizzazione c'è
anche politica, cioè organizzazione del conflitto al fine di costruire
consenso sulle proprie posizioni, definizione delle alleanze e delle
priorità. Capacità, infine, di registrare e dunque modificare i
comportamenti della rete organizzativa in base ai risultati conseguiti e a
quelli da raggiungere. Per questi motivi, l'open source e il free software
rappresentano certamente la punta avanzata della produzione capitalista -
produrre merci senza appropriazione privata della conoscenza, ma sempre in
un regime vigente di proprietà privata - ma anche l'esemplificazione di
una
possibile organizzazione politica che punti al superamento della proprietà
privata.
Nel volume di Slavoj Zizek Tredici volte Lenin il filosofo sloveno indica
in
Internet la possibilità di un radicale rovesciamento della rete in
organizzazione politica. Più cautamente, si potrebbe dire che se
rovesciamento deve esserci bisogna partire semmai dal rissoso, irascibile
mondo dell'open source, altrimenti la talpa che scava sotto la landa della
proprietà intellettuale corre il rischio di smarrire il suo cammino.
-----Forwarded Message-----
From: Florian Mueller <florian(a)mysql.com>
To: 'swpat DE Mailingliste' <de-parl(a)ffii.org>, swpat(a)ffii.org
Subject: NoSoftwarePatents.com-Kampagne gestartet
Date: Wed, 20 Oct 2004 10:49:30 +0200
Bin für alle Links auf die Kampagnenseite dankbar :-)
Florian
NoSoftwarePatents.com startet Kampagne
gegen Softwarepatente in der EU
1&1, Red Hat und MySQL AB sind Partnerunternehmen Website startet in 12
Sprachen Softwarepatente stehen auf morgiger Tagesordnung des Bundestags
München (20. Oktober 2004). Eine neue Kampagne gegen Softwarepatente in der
EU wurde heute in 12 Sprachen unter der Adresse www.NoSoftwarePatents.com
gestartet. Die Kampagne wird von Florian Müller geleitet, der seit fast 20
Jahren in der Softwarebranche tätig ist, und von drei Partnerunternehmen
unterstützt: 1&1, Red Hat und MySQL AB. Der Kampagnenleiter wird über das
Thema Softwarepatente auch mit Politikern und den Medien sprechen.
"Softwarepatente werden wettbewerbswidrig eingesetzt, behindern die
Innovation und würden die ganze Wirtschaft und Gesellschaft teuer zu stehen
kommen ", sagte Florian Müller. "Unter dem Strich schaffen sie mehr Unrecht
als Recht. Es gibt nur eine kleine Gruppe von Leuten im Patentwesen, die
von ihnen profitieren würden, und einige große US-Unternehmen führen etwas
im Schilde. Das öffentliche Interesse muss sich durchsetzen, denn jeder
Bürger, jedes Unternehmen und jede Regierung in Europa müsste für einen
solch gewaltigen Fehler einen hohen Preis bezahlen."
"Hier stehen 450 Millionen Menschen gegen höchstens 100.000, aber die
100.000 haben überproportionalen Einfluss. Wir rufen alle vor allem die
Betreiber von Websites zur Unterstützung der Kampagne auf. Wir befinden
uns in der entscheidenden Phase des Gesetzgebungsverfahrens."
Software wird bereits vom Urheberrecht geschützt. Das Europäische
Patent¬übereinkommen lässt keine Patente auf Software zu, doch zehntausende
Softwareepatente sind in Europa erteilt worden. Die Europäische Union
(www.europa.eu.int) befindet sich in einem Gesetzgebungsverfahren zu einer
Softwarepatente-Richtlinie. Im September letzten Jahres schlug das
Europäische Parlament (www.europarl.eu.int) eine Richtlinie vor, die
Softwarepatente ausschließt. Im Mai dieses Jahres gab der EU-Rat
(www.consilium.eu.int) eine politische Einigung bekannt über eine
Richtlinie, die ein Softwarepatent-System ähnlich dem der USA schaffen
würde. Unter der betreffenden Gesetzgebung läge der einzige wesentliche
Unterschied zwischen den USA und Europa darin,w ie eine Patentanmeldung
präsentiert wird, nicht jedoch darin, was patentierbar ist. Es wurde
weithin angenommen, dass der EU-Rat seinen Gesetzgebungsvorschlag im letzten
Monat formal beschließen und die Angelegenheit zurück ans Europaparlament
überweisen würde, doch der EU-Rat verschob die Entscheidung und könnte noch
den Kurs wechseln. Softwarepatente stehen auf der Tagesordnung des
Deutschen Bundestags für morgen, den 21. Oktober.
NoSoftwarePatents.com legt den Schwerpunkt auf Transparenz. Müller sagte
dazu: "Viele Regierungen und andere verbreiten Desinformation über
Softwarepatente und die Richtlinie, und unsere Kampagne wird die
Unwahrheiten konsequent aufzeigen". Er wies darauf hin, dass angesehene
Organisationen wie die Deutsche Bank Research (www.dbresearch.com),
PriceWaterhouseCoopers (www.pwc.com) und das Kieler Institut für
Weltwirtschaft (www.uni-kiel.de/ifw) bereits vor den negativen Folgen von
Softwarepatenten für Europa gewarnt haben.
Müller sagte abschließend: "Jeder, der fälschlich glaubt, Patente seien
dasselbe wie das Urheberrecht, wird jetzt sehen, dass diese Kampagne von
erfolgreichen Unternehmen unterstützt wird, die ihre Softwareentwicklungen
auf Grundlage des Urheberrechts schützen. Ich selbst lebe seit fast 20
Jahren vom Urheberrecht. Das Urheberrecht schützt Innovatoren
Softwarepatente werden gegen sie als Waffe missbraucht."
Die Website der Kampagne wird Inhalte in allen EU-Amtssprachen
bereitstellen, zunächst in (alphabetisch) Deutsch, Englisch, Französisch,
Italienisch, Lettisch, Litauisch, Niederländisch, Polnisch, Portugiesisch,
Spanisch, Tschechisch und Ungarisch. Weitere Übersetzungen sind in Arbeit.
Über die Partnerfirmen
Die Ansichten, die von der Kampagne ausgedrückt werden, sind nicht
zwangsläufig die Ansichten der Partnerfirmen.
1&1 (www.1and1.org) gehört zur United¬-Internet-Gruppe
(www.unitedinternet.com), einem börsennotierten deutschen Unternehmen, das
für dieses Jahr Umsätze von 506 Mio. Euro und einen Vorsteuergewinn von über
80 Mio. Euro erwartet. Die Tochterunternehmen 1&1 und Schlund+Partner
(www.schlund.de) machen die Gruppe zu einem der größten
Internet-Hosting-Anbieter Europas mit über 3 Mio. Kunden und 4,5 Mio.
Internet-Domains. Die Gruppe betreibt auch den E-mail-Service GMX
(www.gmx.com), der 19 Millionen Anwenderkonten hat.
Red Hat (NASDAQ:RHAT, www.redhat.com) ist weltweit führender Linux- und
Open-Source-Anbieter, und die bekannteste Linux-Marke der Welt. Mit 27
Niederlassungen weltweit erwartet das Unternehmen Umsätze im laufenden
Geschäftsjahr von etwa 200 Mio. US-Dollar. Im letzten Quartal berichtete
Red Hat einen Vorsteuergewinn von 11,8 Mio. US-Dollar bei Umsätzen von 46,3
Mio. US-Dollar.
MySQL AB (www.mysql.com) aus Schweden ist Europas größter
Open-Source-Softwarehersteller. Das Flaggschiffprodukt der Firma ist MySQL,
die weltweit beliebteste Open-Source-Datenbank mit über 5 Mio. aktiven
Installationen. MySQL AB befindet sich in Privatbesitz. Etwa 17 Mio. Euro
an Venture Capital wurden in das Unternehmen investiert.
Über die Kampagne und den Kampagnenleiter
Bitte gehen Sie auf www.nosoftwarepatents.com und klicken Sie auf "Über die
Kampagne", um mehr über die Kampagne und ihren Leiter zu erfahren.
Kontaktdaten
Florian Müller
SWM Software-Marketing GmbH
Starnberg (Deutschland)
press(a)nosoftwarepatents.com
_______________________________________________
Forum swpat auf ffii.orghttp://lists.ffii.org/mailman/listinfo/swpat
die wpc8110 ist eine prism 2,5 karte.
von welchem chipsatz abzuraten ist und vom welchen nicht, weiß ich nicht
genau. am besten du verwendest eine prism 2, orinoco oder hermes karte.
obwohl man zunächst bei jeder karte im internet nachforschen sollte, ob
sie in der vorliegenden version unterstützt wird. manchmal sind kleinere
versionsänderungen von chips schun ausreichend, dass ein treiber nicht
mehr korrekt funktioniert.
google --> model nummer --> hoffen --> kaufen --> nochmehr hoffen :)
ansonsten ndiswrapper um windows treiber zu laden... aber funktionen,
wie z.b. monitoring sind dann oft nicht möglich...
würde ich aber nur verwenden, wenn die karte bereits gekauft wurde.
--
-------
Regards, MfG, Dist.Saluti,
Peter Moser, R&D - Italy
FutureBrain Network Solutions
peter.moser(a)futurebrain.it
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Ciao a tutti
Ho il computer con il lettore DVD su hdd, e il
lettore-masterizzatore su hdc, ho installato mandrake 10.0
dai soliti tre dischi, ora ho aggiornato a mdk10.1 con un DVD.
Facendo la installazione guidata del modem mi chiede il disco
1 sul /dev/hdc ma il pacchetto e' sul DVD e non accetta il
cambio di lettore.
E' possibile reindirizzare il lettore?
Saluti
Ivano
Come posso aumentare lo spazio della partizione di root ? Attualmente
sullo stesso HD ho dello spazio non assegnato e pensavo di spostare la
home in questo spazio a favore della /.
Come fare peró per non sbagliare o perdere dati ?
Ciao.
Paolo V.